A4 165 - Cariatidi, 2015
BW digital print on A4 sheet, 165 nails on wood
180 x 180 cm
Opere di questo genere appartengono alla fase più recente del percorso artistico di Marta Dell’Angelo. Lavori di analoga concezione sono stati realizzati in forma d’installazioni nell’ambito dei programmi residenziali di Nosadella.due (Bologna 2011), nel Museo di Villa Croce (Genova 2013) e nel Palazzo Fortuny a Venezia per la mostra ancora in corso Proportio.
Si tratta di composizioni di volta in volta appositamente progettate in relazione agli spazi a disposizione, basate sul montaggio di fotocopie in formato standard (A4) di disegni e reperti fotografici raffiguranti corpi femminili e loro parti o frammenti.
Nel suo complesso, la ricerca artistica di Marta Dell’Angelo, formatasi all’Accademia di Brera, è incentrata sull’esplorazione del corpo, in particolare su gesti e posture, avvalendosi di una varietà di linguaggi, tecniche e forme espressive: pittura, grafica, fotografia, videoinstallazioni, performance. Nel 2002 ha vinto il Premio New York; nel 2007 ha pubblicato Manuale della figura umana.
Oltre che a Milano (Padiglione d’arte contemporanea, Palazzo Reale, Triennale, Museo del Novecento) l’artista ha sin qui presentato suoi lavori in importanti spazi pubblici italiani (Museion, Bolzano; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Fondazione Cini, Venezia; MAMbo, Bologna; Macro, Roma) e internazionali (Biennali di Mosca, Tirana e Salonicco; Istituti Italiani di cultura di Madrid e San Francisco; Medizinhistorisches Museum, Berlino).
Il chiaro e lo scuro. Dialogo con una collezionista di figure
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La rappresentazione della figura coincide con le origini del disegno e della pittura. Secondo la famosa leggenda, riportata da Plinio il Vecchio, il primo ritratto sarebbe stato tracciato su un muro dalla figlia del vasaio Butade di Corinto seguendo l’ombra, proiettata da una lanterna, del profilo dell’innamorato in partenza, per conservarne l’immagine. Di certo più antiche – e non leggendarie – sono le diverse forme di arte rupestre e delle caverne del Paleolitico, con figure umane e animali.
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Mi sento effettivamente come una donna delle caverne, che guarda al soggetto più indagato da sempre, il corpo. La figura è il tema primario della mia ricerca; la figura e la postura, cioè le posizioni e la gestualità del corpo umano. Per aggiungere qualcosa alle nostre conoscenze – dal punto di vista dell’invenzione artistica – credo sia inutile cercare lo strano o lo speciale; bisogna rimanere sul solito e più antico campo di battaglia, quello della figurazione, e passarci attraverso ma praticando una sorta di spostamento d'asse del punto di vista visivo e concettuale, per cambiare continuamente prospettiva e allargare il campo di quanto si vede e si conosce. È come camminare su un filo: da una parte c’è tutto il peso della tradizione, anche della classicità, il passato… dall’altra non si sa, e si cerca un equilibrio per tentativi.
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Le ho chiesto di partecipare alla mostra Figure per verificare una possibile contiguità tra un aspetto della ricerca artistica attuale e la tradizione dell’avanguardia storica, che ha continuato a praticare il tema della figura ma deformandola e frammentandola.
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Facendo la modella vivente per diciassette anni ho perso un po’ alla volta il senso del mio corpo. Poi d'istinto ho iniziato a rappresentarlo dal mio punto d’osservazione, cioè molto concretamente chinando la testa, disegnandomi dal vero e poi usando la fotografia, lo specchio, come per distaccarmene. È stata una perdita d’identità che mi ha fatto entrare in un’altra identità. Ho cominciato a osservare i corpi per frammenti, concentrandomi sulle posture, sui gesti che non hanno bisogno d’altro – di voci, di suoni, per esempio – per significare qualcosa; un po’ come i primitivi, appunto. Mi ha sempre interessato l’idea di Lacan del corpo diviso, del corpo come insieme di pezzi staccati, tanto più nell’esperienza urbana di oggi, basata su un’infinita moltiplicazione di stimoli, con tutte le sue difficoltà esistenziali, riflesse dalle posture. Ecco, mi pare un po’ questo il filo conduttore.
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Da un punto di vista puramente visivo, la contiguità della sua composizione con le disarticolazione sintetiche di Sironi o Picasso parrebbe evidente.
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Di certo, come loro guardo anche al passato, pur con un occhio che non può fare a meno della sensibilità e delle tecniche riproduttive di oggi. Benché usi fotografia e fotocopie, oltre al disegno, non riesco a non considerare il lavoro sulla forma e sul volume di Piero della Francesca o Michelangelo e – in ambito moderno – il senso della volumetria di Léger. Perché alla fine, anche in un lavoro come questo, dove la presenza forte della figura, della sua iconografia, è bilanciata dalla fragilità del supporto, dove la visione appare così volatile, frantumandosi non solo grazie alla sovrapposizione e al movimento ma anche in relazione allo spostamento dello spettatore, gli elementi compositivi di base sono i più antichi e specifici della pittura e della grafica: i passaggi equilibrati dal chiaro allo scuro e viceversa.
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Antonello Negri
Installation view
Installation view
Installation view
Opening